Il diaframma è l’altro strumento che abbiamo a disposizione per regolare l’afflusso di luce all’interno della nostra reflex.
Che cosa è? A differenza dell’otturatore il diaframma non è posizionato all’interno del corpo macchina, bensì dell’obiettivo. Similmente all’otturatore anche il diaframma ha il compito di regolare la quantità di luce ed è composto da un’insieme di lamelle metalliche, disposte in modo da formare un foro di forma ottagonale. Per comprendere meglio cos’è potremmo pensare al diaframma come alla pupilla dell’occhio umano. Più essa è aperta (o dilatata), maggiore è la quantità di luce che entra nel nostro occhio, permettendoci, ad esempio, di vedere meglio al buio. Il diaframma lavora in modo molto simile, imitando ,se così si può dire, il lavoro dell’occhio umano.
L’apertura di diaframma, contrassegnata dalla lettera F, viene regolata attraverso l’apposita ghiera; sul pannello di controllo della nostra reflex quindi troveremo dei valori numerici, come, ad esempio F 11. E' facilmente intuibile come un otturatore che scatta a T 1/125” ha un’apertura due volte più lenta di T 1/250” con conseguente doppia quantità di luce. Purtroppo per quanto riguarda i diaframmi la scala non segue una regola matematica così semplice, in quanto il valore numerico che noi visualizzeremo è frutto del rapporto fra la lunghezza focale dell’obiettivo e il diametro del diaframma. Ne consegue una tabella che ha due caratteristiche che la rendono leggermente più complessa di quella dei tempi. La prima è che i valori numerici che troveremo, in quanto frutto di un rapporto esponenziale, non seguiranno la tabellina del 2 come in quella dei tempi. La seconda caratteristica, che sembra andare contro la logica, è che valori numerici piccoli corrispondono ad aperture di diaframma grandi e viceversa. La tabella sottostante è la scala delle aperture di diaframma che troverete su tutte le lenti in commercio (nb. I valori più alti e più bassi potrebbero non essere presenti sul vostro obiettivo; questo significa che la vostra lente non può raggiungere tali aperture).
Come per la tabella dei tempi anche per i diaframmi spostandoci da un valore a quello successivo (o precedente) raddoppiamo (o dimezziamo) la quantità di luce che entra nel nostro obiettivo. E come per i tempi utilizzeremo il termine stop per indicare questo valore. Ad esempio spostarmi da un valore F11 a F22 equivale a chiudere il diaframma di due stop di luce (quindi quattro volte meno luce). Perchè hanno tutta questa importanza i diaframmi? Oltre ad avere una specifica funzione tecnica, quella appunto di regolare la quantità di luce come descritto sopra, offrono anche una precisa valenza estetica all’immagine.
Infatti i diaframmi influiscono sulla profondità di fuoco.
Ma facciamo un passo indietro. Cos’è la profondità di fuoco? Semplicemente la quantità di spazio antecedente e successivo al nostro soggetto messo a fuoco in cui avremo ancora oggetti a fuoco, nitidi. Ciò che è fuori da questo spazio risulterà sfocato, inoltre tale sfocatura aumenta con l’aumentare della distanza dal soggetto.
I diaframmi dunque hanno effetto sulla profondità di fuoco (o di campo) e, più precisamente, maggiore sarà la mia apertura di diaframma (quindi valori numerici bassi), minore sarà la mia profondità di campo. La tabella sottostante potrebbe aiutarci a chiarire la questione.
Ricapitolando:
Tempi e diaframmi hanno entrambi il compito di regolare l’afflusso di luce.
Le differenze in termini estetici però sono la cosa che più ci interessa. Se i tempi andranno ad influire su tutto ciò che è in movimento all’interno della mia inquadratura dandomi la possibilità di avere immagini congelate o mosse, i diaframmi agiranno sulla profondità di fuoco dandomi immagini più o meno sfocate.
Son sicuro che dopo questa lezione molti di voi si faranno prendere dallo sconforto, in quanto la questione può sembrare piuttosto complicata. Vi assicuro che non lo è. Dopo la mia prima lezione ricordo di aver pensato qualcosa tipo “odio questa disciplina, non vorrò mai diventare un fotografo”. Infatti eccomi qui…
Imparare questi principi elementari della fotografia è come imparare a sciare o andare in bicicletta: si cade, si sbaglia, si migliora un po’ alla volta, finchè i meccanismi diventano automatici nella nostra mente. A quel punto cominciamo ad esseri liberi da calcoli e ragionamenti lasciando campo libero alla creatività.